Trattativa Stato-mafia: Napolitano testimonierà

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Group
    Fuonder
    Posts
    13,511
    Reputation
    +83

    Status
    Offline
    Trattativa Stato-mafia: Napolitano testimonierà

    napolitano



    Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dovrà deporre come testimone al processo per la presunta trattativa Stato-Mafia. A deciderlo i giudici della Corte d’Assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, che hanno accolto alcune richieste del Pm Nino di Matteo. Nelle precedenti udienze si era fatto il nome del Capo dello Stato, chiamato dai magistrati palermitani per riferire in aula sulle “preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nella lettera del 18 giugno 2012“, come si legge nella richiesta della Procura. D’Ambrosio avrebbe temuto di essere “considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi“, quelli che secondo i pm si sarebbero tenuti tra lo stato e i clan tra il 1898 e il 1993.

    La richiesta della testimonianza di Napolitano arriva dopo l’assoluzione del generale dei Carabinieri Mario Mori nel corso del processo per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995, avvenuta nel luglio di quest’anno. Il generale era accusato con il colonnello Mauro Obinu di favoreggiamento aggravato dall’agevolazione a Cosa Nostra: per il tribunale di Palermo i due rappresentanti dell’Arma non sono colpevoli “perché il fatto non costituisce reato“. Dopo cinque anni si mette una prima parola in quel processo che è diventato l’anticamera di quello di grande sulla trattativa Stato-mafia. Amareggiati i pm, mentre la difesa è apparsa soddisfatta: né Mori né Obinu hanno voluto commentare la sentenza.

    generale-mori



    La decisione è arrivata dopo sette ore di camera di consiglio della quarta sezione del tribunale presieduta da Mario Fontana: per l’ex generale del Ros i pm avevano chiesto 9 anni, 6 per il colonnello, oltre all’interdizione dai pubblici uffici perpetua per entrambi.
    In aula, alla lettura della sentenza, c’erano anche una decina di esponenti del movimento Agende Rosse che hanno accolto l’assoluzione al grido di “Vergogna”. “Siamo amareggiati“, sono state invece le parole del procuratore aggiunto di Palermo Vittoro Tereni, rappresentante dell’accusa con il pm Nino Di Matteo. “Adesso si tratta di capire i punti di vista di chi, come il Tribunale, ha analizzato le carte. In tutti i processi si può vincere e si può perdere ma sono importanti le motivazioni. Bisogna vedere il ragionamento che hanno fatto i giudici per ritenere non credibili Riccio e Ciancimino, lo spiegheranno nelle motivazioni“.
    Il processo al generale del Ros era diventato una sorta di anticamera del maxi processo sulla trattativa Stato-mafia. Mori e Obinu era accusati di aver favorito la mafia evitando la cattura del boss Provenzano nel 1995: il capo mafioso venne poi fermato undici anni dopo. Non era neanche il primo processo a carico del generale. In precedenza era stato alla sbarra degli imputati insieme al capitano Ultimo per favoreggiamento in relazione alla mancata perquisizione del covo di Totò Riina, che avvenne solo dieci giorno dopo la cattura del boss il 15 gennaio 1993. Anche in questo caso il procedimento si risolse con l’assoluzione per i due imputati.
    Il caso Provenzano inizia a livello processuale nel 2008 quando Mori e Obinu sono accusati dalla Dda di Palermo del mancato blitz al covo di Mezzojuso dove, secondo la rivelazione del confidente Luigi Ilardo, boss di Caltanissetta, fatto al colonnello Michele Riccio, il 31 ottobre 1995 ci sarebbe stato Zu Binu.
    La difesa di Mori ha sempre sostenuto che Riccio non parlò con chiarezza della presenza del boss nel covo, che mancavano i mezzi per intervenire e che aveva messo in pericolo Ilardo, ucciso il 10 maggio 1996. L’accusa invece ha sottolineato come non solo in quell’occasione non si fece il blitz, ma tutte le altre piste che avrebbero potuto portare alla cattura nel 1996 vennero lasciate cadere. Gli uomini del Ros vennero mandati a fare delle fotografie al covo, senza intervenire per fermare il capo mafia.
    Gli stessi pm seppero del mancato blitz nove mesi dopo e tre mesi dopo la morte di Ilardo. Alla base del comportamento, secondo l’accusa, ci sarebbero state le trattative che organi dello Stato avrebbero tenuto con la mafia dopo le stragi del ’92 in una sorta di tregua.
     
    Top
    .
0 replies since 17/10/2013, 14:01   15 views
  Share  
.