Governo Letta, la fiducia e i numeri necessari in Senato [FOTO]

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    Governo Letta, la fiducia e i numeri necessari in Senato [FOTO]

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    Il Governo Letta sulla fiducia avrebbe i numeri. Le firme a favore di Letta sono quelle dei senatori del PdL e del gruppo Gal. Infatti, è emerso un documento della risoluzione per chiedere il voto di fiducia, che è stato firmato da 22 senatori. I cognomi indicati nel documento sono: Compagna, Naccarato, Bilardi, Bianconi (Gal) e Giovanardi, Gualdani, Augello, Scoma, L.Rossi, Sacconi, Marinello, Mancuso, Chiavaroli, Torrisi, Pagano, Aiello, Viceconte, Gentile, Formigoni, Colucci, Caridi, D’Ascola (PdL). Si attende adesso una vera esplicitazione della fiducia, che tuttavia potrà essere ottenuta solo se ci saranno le condizioni adeguate e soprattutto i numeri adatti che occorrono.

    La soglia richiesta per ottenere la fiducia è pari a 161 voti in Senato. In teoria il risultato avrebbe dovuto essere pari a 238, ma la situazione era piuttosto confusa. Se escludiamo PdL e Gal, Letta avrebbe ottenuto 137 voti, con SEL 144, con SEL e i senatori a vita 149.
    Rispettivamente, nel primo caso sarebbero mancati 24 voti, nel secondo 17 e nel terzo 13. A questo punto c’erano due soluzioni che si prospettano per Letta. Da un lato avrebbe potuto recuperare qualcuno dal PdL e dal Movimento 5 Stelle mosso da uno spirito di responsabilità. Dall’altro lato avrebbe dovuto cercare una maggioranza che di volta in volta possa appoggiare il Governo sui vari decreti.

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    Con le dimissioni di massa del PdL, di fatto si è aperta formalmente una crisi di Governo. Il Cavaliere ha deciso di mettere in atto la sua mossa, proprio in prossimità del voto della Giunta per le elezioni del Senato sulla sua decadenza da senatore. Il vicepremier, Angelino Alfano, ha annunciato che tutti i ministri dell’area del PdL hanno rassegnato le loro dimissioni. Successivamente è arrivata la conferma tramite una nota congiunta dei ministri. Ad aprire la strada verso le dimissioni di massa è stato proprio Silvio Berlusconi, che ha spiegato di aver invitato la delegazione del suo partito a valutare la possibilità di rassegnare le dimissioni, “per non rendersi complici, e per non rendere complice il Popolo della Libertà, di una ulteriore odiosa vessazione imposta dalla Sinistra agli italiani“. Il riferimento è all’aumento dell’Iva, che è praticamente diventato inevitabile.

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    Berlusconi ha attaccato Letta: “La decisione assunta ieri da Enrico Letta, di congelare l’attività di governo, determinando in questo modo l’aumento dell’Iva è una grave violazione dei patti su cui si fonda questo governo e contraddice il programma presentato alle Camere dallo stesso Premier e ci costringerebbe a violare gli impegni presi con i nostri elettori durante la campagna elettorale e al momento in cui votammo la fiducia a questo esecutivo da noi fortemente voluto“. Secondo il Cavaliere, appare “irricevibile e inaccettabile” quello che definisce un “ultimatum lanciato dal Premier e dal PD agli alleati di Governo sulla pelle degli italiani“. Proprio per questo motivo Berlusconi ha deciso di invitare i ministri del suo partito a dimettersi.


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    Letta, intanto, subito dopo aver ricevuto l’informazione delle dimissioni di massa, ha voluto contattare telefonicamente il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che attualmente si trova in visita a Napoli. Non si sa ancora se e quando Letta andrà al Quirinale. Alcune fonti di Palazzo Chigi hanno affermato che Letta avrebbe detto che “il chiarimento deve avvenire in Parlamento, alla luce del sole e di fronte ai cittadini“.
    Il Premier, sempre secondo alcune fonti, avrebbe dichiarato: “Il tentativo di rovesciare la frittata sulle ragioni dell’aumento dell’Iva è contraddetto dai fatti che sono sotto gli occhi di tutti perché il mancato intervento è frutto delle dimissioni dei parlamentari Pdl e quindi del fatto che non era garantita la conversione del dl in legge“.

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    Reazioni sono arrivate da tutto il mondo della politica. Guglielmo Epifani, segretario del PD, ha affermato: “E’ una ulteriore azione di sfascio nei confronti dell’azione del governo. E’ evidente che con questa scelta, qualora avvenisse, si apre nei fatti una crisi e dovremo valutarne le conseguenze“. Poi ha detto anche: “Aprono formalmente nei fatti una crisi, dovremo valutare esattamente le conseguenze di questo. L’irresponsabilità sta salendo a livelli che non erano razionalmente valutabili“. Il leader del Carroccio, Roberto Maroni, ha affermato che le dimissioni dei ministri sono state positive: “Ora elezioni subito per vincere e per dare un Governo stabile e amico del Nord, che dia risposte ai problemi delle imprese. Cosa che il Governo Letta non ha fatto“.

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    Già nei giorni scorsi si era parlato delle possibili dimissioni dal Governo degli esponenti berlusconiani. Si sono fatte sentire fin da subito, comunque, le polemiche e da parte di molti c’era stata una richiesta di spiegazioni. Era intervenuto il segretario del Partito Democratico Epifani, che aveva invitato Letta a dare chiarimenti, manifestando la volontà di un sostegno da parte del PD. Epifani aveva sottolineato che, in questo momento in Italia, ci si trova in una situazione molto particolare, dalla quale non si può uscire mediante un comportamento contraddittorio da un giorno all’altro.
    Riferimenti erano stati fatti anche al partito di Berlusconi. In questo Epifani aveva manifestato il suo sostegno nei confronti di Napolitano e aveva spiegato che l’atteggiamento del PdL è irresponsabile, in quanto va a tutto svantaggio degli italiani che lavorano e che cercano ogni modo per uscire dalla crisi.

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    Per risposta era arrivato l’intervento di Renato Brunetta, presidente dei deputati del PdL. Brunetta aveva sottolineato come quella dei berlusconiani fosse un’iniziativa, avente come obiettivo principale la difesa dei principi della libertà e della democrazia, che sono concetti fondamentali per le istituzioni. In ogni caso non si può dire che ci sia una grande coesione all’interno del PdL. Contrastante appare, infatti, il parere del senatore Carlo Giovanardi, il quale ritiene che le dimissioni non rappresentino il modo giusto per fare in modo che gli schieramenti politici si assumano le loro responsabilità.
    Resta aperta l’incognita sul voto di fiducia, perché non si sa a quale risultato questo potrebbe condurre, soprattutto in termini di tenuta dell’esecutivo di larghe intese. La situazione appare pericolante, adesso ancora di più. Che possibilità ha il Governo Letta di reggere a queste condizioni?

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