Karl Marx

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    Marx filosofo
    Nato nel 1818 a Treviri da padre avvocato (discendente da una famiglia di rabbini, ma convertito al protestantesimo), Karl Marx è il secondo di una famiglia di otto figli. Iscritto alla facoltà di legge di Berlino, subisce l’influenza di Hegel, allora dominante. I “giovani hegeliani”, di cui Marx fa parte, hanno gli occhi fissi su un’Europa dove i principi di libertà proclamati dalla rivoluzione francese sono un punto di riferimento per i popoli e per le classi sociali le “più numerose e le più povere” (per riprendere una formula del pensatore politico “utopista” Saint-Simon). Dopo aver conseguito la laurea con una tesi sulla Differenza della filosofia della natura di Democrito e di Epicuro (1841), Marx collabora alla Gazzetta renana, di cui diventa il redattore capo ( foglio chiuso dalla censura all'inizio del 1843). Quest'esperienza gli valse la conoscenza dei problemi economici e sociali in cui si dibatte la gente comune e segnò il distacco dalla bohème giovanile. Il giovane Marx sposa Jenny von Westphalen, un’ aristocratica in rotta col proprio ambiente sociale, e va a vivere a Parigi: qui fa l’incontro con la classe operaia di una grande metropoli ed entra in contatto con le società segrete e con i "comunisti" come Cabet o socialisti come Proudhon, Louis Blanc. A Parigi pubblica una rivista, Gli annali franco-tedeschi, che cerca di raccordare la filosofia tedesca alla prassi rivoluzionaria francese.

    Marx ed il socialismo
    Interessandosi sempre più all’economia politica, Marx consegna le sue riflessioni a frammenti sparsi, abbandonati sotto l’urgenza degli eventi, e pubblicati ben dopo la sua morte, nel 1932 (col titolo: Manoscritti economico-filosofici del 1844). Redige quindi con Friedrich Engels (che aveva conosciuto a Colonia qualche anno prima durante l’esperienza della Gazzetta renana) La sacra famiglia – sorta di propedeutica al materialismo filosofico. Formula anche - in estrema sintesi - i capisaldi della sua filosofia nelle undici Tesi su Feuerbach (1845) e soprattutto nell’Ideologia tedesca (1846, testo che abbandonato alla “critica roditrice dei topi” sarà pubblicato anch'esso nel 1932), in collaborazione nuovamente con Engels.

    Questi sono gli ultimi testi di polemica e di riflessione con e sulla filosofia classica tedesca. Filosofia dalla quale Marx prende congedo pur restando, specie la dialettica hegeliana, in sottofondo nel suo pensiero, e della quale mutuerà, anche nell’opera della maturità – Il capitale – l’intonazione intellettuale di fondo, quando non il fraseggio e il vocabolario.
    È il momento del passaggio alla “pratica”: i due amici fondano una rete di sezioni di militanti comunisti. Il termine “comunismo” è già nel vocabolario politico francese dell’epoca, di nuovissimo conio e uscito dalla fervida immaginazione sociale - utopistica e letteraria insieme - del milieu intellettuale irregolare a cavallo tra ‘700 e ‘800. (Probabilmente la messa in circolazione del termine si deve alla fantasia sregolata e immaginosa di Retif de la Bretonne, che, non appaia davvero irridente il richiamo, aveva anche inventato il termine “pornografia”).
    Guizot lo espelle dalla Francia.

    Rompendo con il socialismo riformista di Proudhon (Miseria della filosofia, 1847), col quale s’era inizialmente legato, Marx ribattezza La lega dei giusti in Lega dei comunisti. Nel suo statuto appare la parola d’ordine «Proletari di tutto il mondo unitevi!» che sarà ripresa nella chiusa del Manifesto del partito comunista (1848). Il programma politico della Lega è ultimativo e massimalista, comunista: «L'abbattimento della borghesia, il dominio del proletariato, la liquidazione della vecchia società borghese basata sui contrasti di classe e la fondazione di una nuova società senza classi e senza proprietà privata».
    La rivoluzione del '48 lo vede in Germania, dove, rientrato, fonda e dirige con Engels La nuova gazzetta renana. Espulso, alla fine del 1849 va in esilio definitivamente a Londra. Qui, mediterà sugli eventi del '48 e i suoi fallimenti (La lotta di classe in Francia dal 1848 al 1850, 1850). Vive in un appartamento di due stanze al piano terra di un quartiere popolare di Londra, occupandosi di capitale senza un penny in tasca. «Non credo - scriverà all'amico Engels - che nessuno abbia mai scritto sul "denaro" con una tale mancanza di denaro». Il contrasto tra le difficilissime condizioni di vita e l'alacre attività intellettuale, sempre mirante all'Ideale, ricorda la figura del signor Micawber di David Copperfield romanzo di Dickens appena pubblicato (1849) o il Sigismonde de L'Argent di Zola di qualche decennio dopo. Per mantenersi Marx scriverà circa 500 articoli tra 1851 e 1862, per giornali britannici ed americani, e dai quali desumiamo le sue osservazioni sugli avvenimenti politici del continente europeo e del mondo. Il nemico numero uno della democrazia europea è, per lui, l'autocrazia zarista; l'Inghilterra gli appare Il "demiurgo del cosmo borghese" e il colonialismo... una necessità storica perché fa piazza pulita di società sì idilliche, ma anche arcaiche e premoderne e tarlate dal dispotismo orientale, determina inoltre la rivoluzione sociale di questi popoli socio-culturalmente arretrati, e, facendosi strumento inconscio della storia, prepara le basi oggettive del socialismo su scala mondiale. (La dominazione britannica in India, art. apparso sul "New York Daily Tribune" del 10 giugno 1853).

    Marx economista
    Nel 1859, completa lo scritto Per la critica dell’economia politica i cui scritti preparatori insieme a quelli del Capitale costituiranno i Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica (Grundrisse, 1857-1858, rimasti inediti e pubblicati a Mosca nel 1939-41 e destinati a catturare l' attenzione degli specialisti del marxismo a partire della riedizione berlinese del 1953). Pubblica nel 1867 il primo volume del Capitale. Nel frattempo, 1864, partecipa alla fondazione dell’ Associazione internazionale dei lavoratori (1ª Internazionale), organizzazione che ben presto si espande ovunque in Europa. Nel 1871, ne La guerra civile in Francia analizza il fallimento della Comune, “primo Stato operaio” della storia. Battendosi su più fronti, contro i riformisti francesi, i discepoli anarchici di Bakunin e l’influenza in Germania di Ferdinand Lassalle (Critica del programma di Gotha, 1875), Marx conduce l’ultimo decennio della sua esistenza sul doppio binario della militanza e della ricerca in biblioteca (al British Museum), attendendo alla redazione degli ultimi due volumi del Capitale (per il quale studia, tra l’altro, la matematica, la fisiologia e l’astronomia). Dopo aver perso la moglie e la figlia maggiore, (Eleanor, prima traduttrice in inglese di Madame Bovary e come l’ eroina del romanzo, morta suicida), Marx si spegne a sua volta il 14 marzo 1883, in miserevoli condizioni e nel mezzo di un lavoro intellettuale immenso e rimasto in parte incompiuto. Durante la cerimonia della sua sepoltura a Londra, al cimitero di Highgate, l’amico Engels dirà tra l’altro: « lo scienziato non era che la metà del rivoluzionario. Il suo nome e la sua opera vivranno nei secoli».

    L’opera di Marx
    Si cercherebbe invano un sistema filosofico in Marx: in primo luogo poiché egli stesso ha combattuto i grandi sistemi della sua epoca bollandoli come “ideologie”, e in secondo luogo perché nella sua vita intellettuale prenderanno il sopravvento, dopo il 1845, sugli interessi propriamente speculativi, il giornalismo, l’analisi storica e, soprattutto, l’economia politica . Tuttavia non sono estranei, se non nel suo pensiero, certamente nei suoi epigoni (Marx probabilmente non era un marxista!) un tentativo di cogliere in un “pensiero unico” tutto il reale, il fenomenico e il noumenico, il naturale e il sopramondano. Per quanto in lui la preoccupazione di cambiare il mondo fosse superiore e più urgente rispetto a quella di interpretarlo, restano nel suo pensiero, fortissime - e ben lungi dalla sua pretesa scientificità di segno darwiniano-, una visione sistemica del mondo (come quella di Hegel!) e le tracce di un’ansia metafisica se non addirittura di una chilìa (millenarismo) di origine ebraico-cristiana, soprattutto nella concezione del socialismo-comunismo visto come palingenesi del mondo, che assegnerebbe alla Storia, prima dell'avvento del socialismo, i caratteri di una preistoria e l’ingresso nella società dei perfetti liberi ed eguali (comunismo) le caratteristiche quasi di una parusìa cristiana o dell’inveramenento del Paradiso in terra, secondo lo schema di filosofia della storia proprio alle visioni del mondo di concezione cristiana ed ebraica (di gnosi addirittura parleranno alcuni interpreti).
     
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