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Osservandola da vicino, la storia della produzione di questo ‘Mortal Kombat’, che ci apprestiamo ad analizzare in questa recensione, ha una grandissima dignità e vive di un coraggio invidiabile. Immaginate una serie diventata famosa durante gli anni ’90, principale avversario della già nota ‘Street Fighter’: una sfida tra America e Giappone che ha portato addirittura alla creazione di un sistema di valutazione di età per i videogiochi; come se lo sgomento generato avesse creato il PEGI, da un giorno all’altro. Immaginate il piacere del successo e, nel corso di lunghi, dolorosi anni, un cammino fatto di problemi economici e un rapido declino qualitativo, fino ad uno iato obbligatorio. Questo era “Mortal Kombat” fino a qualche tempo fa. Anno 2010: arriva l’illuminazione. I giocatori possono vedere i primi passi di un potenzialmente portentoso riscatto, prima all’E3 e poi alla GamesCom. Il sangue torna a grondare, lo stile torna a splendere, inizia l’attesa: un’attesa che torna ad essere spasmodica, e non apatica e disinteressata. Dalle ceneri di Midway, uccisa dalla bancarotta, rinasce la fenice ‘NetherRealm Studios’ e porta sul piatto un picchiaduro sulle console domestiche di nuova generazione, le quali, a pensarci, ormai traboccano di giochi di questo tipo. Una sfida doppia: la paura del primo passo in un campo minato pronto a non accettarti. Una sfida che può avere due conclusioni, e basta: o Fatality o Friendship.
Una metafora nascosta? La zona di combattimento è un vero e proprio mare di sangue: i corpi di tutti i combattenti sono sparpagliati (non tutti integri) per le desertiche lande del regno esterno e, in lontananza, risuona l’echeggiare di un martello. Raiden, la divinità del tuono, sta combattendo l’ultimo scontro con l’imperatore Shao Khan, ormai diventato tragicamente invincibile e pronto come non mai a scatenare l’Armageddon sui mondi. Con le ultime energie, Raiden manda indietro nel tempo al suo vecchio se stesso una lunga visione di tutti gli eventi futuri fino alla sua sconfitta, come monito per non commettere gli stessi errori e prevenire la vittoria del male assoluto. E si ritorna indietro, a quel decimo torneo di Mortal Kombat, organizzato dall’anziano mago Shang Tsung: il primo che Midway ha portato nelle sale giochi, insomma. Che in questa narrazione si nasconda una sorta di umiltà? Se si esclude lo spin-off contro gli eroi dell’universo DC, l’ultimo episodio di “Mortal Kombat” era stato proprio ‘Mortal Kombat: Armageddon’, il titolo che aveva costretto Midway alla pausa. Dall’Armageddon al passato: Raiden vuole darci una nuova motivazione, come a dirci ‘Va bene, riconosciamo il nostro errore, permetteteci di ricominciare da capo’. E il giocatore appassionato non può che accogliere questo desiderio con gioia.
Legno sciolto Chiunque ricorderà, senza troppo entusiasmo, il sistema di controllo dei primissimi titoli della serie “Mortal Kombat”: la divisione calcio alto e basso e pugno alto e basso si è sempre ‘meritata’ a pieni voti un pesante attributo, ‘legnoso’. Ogni gesto era meccanico, forzato: la fluidità era solo una lontana speranza, vicina alla leggenda, apparentemente irraggiungibile. NetherRealm Studios prende questo legno, lo brucia e dalla cenere indurita plasma un nuovo sistema di controllo: ora ad ogni azione corrisponde una particolare reazione e le combinazioni vantano una meravigliosa scorrevolezza, permettendo a chiunque di mettere in campo combo devastanti con la semplice pressione di alcune facili e mai casuali combinazioni di tasti. Questo sistema di controllo permette agevolmente a giocatori avanzati e novellini di introdursi nel mondo dei kombattimenti e padroneggiarli in poco tempo e senza particolari fatiche. Oltretutto, il sistema sembra essere studiato per eliminare ogni minima possibilità di vittoria per semplice ‘button mashing’: chi non vuole impegnarsi a imparare non avrà vita facile, visto che premere i tasti a caso non porterà proprio da nessuna parte.
Solitarie sfaccettature Non capita spesso di vedere una modalità per giocatore singolo particolarmente complessa, all’interno di un picchiaduro. Anzi, proprio da pochissimo tempo siamo stati tutti testimoni di un’esperienza in singolo insieme esaltante e carente come quella di “Marvel Vs. Capcom 3”. Qui è tutta un’altra storia, e il termine non è stato scelto a caso. La modalità “Skalata” (non vedrete mai una ‘C’ in questo gioco, ma nemmeno per scherzo), ovvero la classica modalità Arcade, comprende i 10 tipici incontri, dai normali combattenti fino a Shao Khan, e può essere affrontata sia con un solo personaggio che con una squadra di due elementi, interscambiabili durante il combattimento con un eccellente sistema tag. Oltre a varie modalità di allenamento, per affinare i nostri più biechi sensi violenti, sarà presente la Torre delle Sfide: il gioco ci porrà di fronte a centinaia di micromissioni con vari obiettivi da portare a termine; salendo la torre guadagneremo diverse monete, da spendere successivamente per sbloccare diversi elementi nascosti, e diventeremo padroni delle tecniche di attacco dei vari personaggi, aumentando insieme le nostre capacità di incastro delle combo e i nostri riflessi. Il fiore all’occhiello di tutto l’insieme solitario è rappresentato dalla “Modalità Storia”: siamo messi di fronte a un vero e proprio film, che si costruisce piano piano seguendo una divisione in capitoli, uno per ogni personaggio, inseriti in perfetta linearità in una trama tanto profonda quando entusiasmante. Per la prima volta sarà possibile scoprire, passo per passo, ogni tratto della psiche dei personaggi, dal borioso e divertente attore Johnny Cage al vendicativo Scorpion, fino al prudente Raiden. Nessuno escluso. Una porta aperta nell’animo di tanti volti che noi credevamo di conoscere da quasi vent’anni ma che, in realtà, erano solo il riflesso di ruoli stereotipati: negli anni ’90 era la violenza la vera star, i personaggi si stagliavano su uno sfondo rosso sangue, ma non hanno mai avuto l’ardire di mostrarsi a noi nella loro ‘interezza’. Unico neo di questa modalità è il doppiaggio italiano: alcune interpretazioni raggiungono livelli di involontaria comicità tali da desiderare una repentina esplosione degli speaker della nostra televisione e gustare la pace di un più salutare silenzio.
Governare la collina telematica Le modalità multigiocatore non sono complesse quanto quelle per il singolo ma restano comunque molto più varie della norma. Oltre alle (sempre divertenti) sfide in locale per un massimo di quattro giocatori, alle normali partite del giocatore e alle partite classificate (dove, ogni tanto, si fatica a trovare rapidamente qualche avversario), è possibile prendere parte a delle sfide private e partecipare ai tornei del “Re della collina”: entrando nelle stanze di gioco si può iniziare una sfida, vincerla e diventare ‘re’; a seguire, i giocatori presenti sfidano il ‘re’ per tentare di ‘detronizzarlo’: se il re continua a vincere manterrà il trono e con questo la sua corona e tutti i ‘Punti Rispetto’ guadagnati, sotto forma di voto, da tutti coloro che hanno assistito trepidanti alla sua battaglia. Nella versione per Xbox 360, i protagonisti di questa sfida al potere sono gli avatar, i quali attenderanno il loro turno osservando la battaglia in corso guardando verso uno schermo, come fossero al cinema. Nel complesso, le modalità online sono ben organizzate e la presenza di lag è minima, garantendo un divertimento sicuro e privo di frustrazioni. Dal passato riemergono diverse modalità bonus come le prove di forza, di vista e di fortuna: minisfide che aiuteranno il giocatore ad accumulare altre monete, tra un combattimento e l’altro. Il patrimonio potrà essere speso interamente nella Kripta, una tenebrosa landa di morte dove, pagando una piccola somma, è possibile liberare le anime di uomini morti, torturati o annegati in veri e propri mari di sangue per sbloccare bozzetti, colonne sonore, studi grafici e addirittura nuove Fatality per i personaggi. Tutto il materiale, insieme a modellini tridimensionali e biografie di tutti i personaggi (più di 20, pescati dagli anni ’90 strizzando l’occhio al terzo episodio della serie), sarà poi visualizzabile nella spaventosa Nekropoli. La versione per Playstation 3 gode di una gustosa esclusiva: il personaggio di Kratos, il Dio della Guerra, sarà disponibile nella già vasta schiera di kombattenti; una scelta sicuramente azzeccata, impossibile da replicare su Xbox 360; tuttavia, pare che per compensare a questa mancanza, gli utenti Microsoft godranno di un piccolo vantaggio per il primo DLC legato al gioco.
Rosso di qua, rosso di là, brillante violenza La meraviglia tecnica si dispiega davanti agli attoniti occhi dell’utente, pieni di un sangue virtuale che, nella sua ombra vermiglia, non adombra le meravigliose animazioni dei personaggi e la vitalità dei tantissimi scenari dove sarà possibile combattere (anche questi, magistralmente riadattati da idee degli episodi precedenti). La realizzazione tecnica grafica brilla, raggiungendo una precisione che viene a sfumare solo quando la telecamera indugia eccessivamente sui brevi primissimi piani dei volti dei personaggi. La colonna sonora, che recupera le tinte fosche della serie unite a brani di stampo orientaleggiante, è sicuramente più insipida e meno appariscente; ma ‘meno appariscente’ non significa ‘brutta’, anzi, si dimostra capace di svolgere egregiamente il suo lavoro, senza riuscire a rimanere impressa, forse per la meravigliosa sensazione di fisicità e di potenza che permea tutti gli effetti sonori del gioco, nessuno escluso.
Conclusione “Mortal Kombat” è un meraviglioso trofeo di battaglia per i ragazzi di NetherRealm Studios. Una testimonianza che il non perdersi d’animo porta sempre ad eccellenti risultati, anche se si deve passare attraverso mille e più traversìe. Tanti volti riemergono dal passato con una nuova verve, che coinvolge e attrae sia i fan di vecchia data sia chi non li ha conosciuti mai, negli ultimi vent’anni: e non riemergono solo i loro volti ma anche la loro psiche, in un desiderio di approfondimento inedito che risucchia, portandoci, inconsapevoli, nel ‘mondo esterno’ del panorama dei picchiaduro di nuova generazione. Fare tesoro del passato, fare tesoro dell’errore: non sempre si impara, sbagliando, e non sempre questa è la via migliore da prendere; ma se più di uno sbaglio può portare a un risultato quasi perfetto, beh, allora ben venga l’accusa dell’errore, il pastello rosso dell’insegnante sul compito in classe sbagliato. Diamo il bentornato al torneo per la salvezza della terra. Diamo il bentornato al “Mortal Kombat”.
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